
I resti dei cetacei sono frequentemente trovati nello stomaco degli squali: gli squali, quindi, sono spesso considerati predatori di delfini e focene. Per meglio comprendere l’estensione della predazione verso i cetacei, è essenziale capire come un cetaceo possa finire nello stomaco di uno squalo. Una fondamentale distinzione deve essere fatta tra scavenging (necrofagia) verso un cetaceo morto e atto di predazione, attaccando o uccidendo un cetaceo vivo. Tra più di 350 specie di squali, solo 6, incluso lo squalo bianco, predano piccoli odontoceti.
Morsi e forme di denti sono stati utilizzati con qualche successo per identificare la specie di squalo responsabile degli attacchi verso gli esseri umani (Gudger, 1950; Martini e Welch, 1981; Egana e McCosker, 1984; Lea e Miller, 1985; Collier, 1992; Nakaya, 1993), dalla forma del dente, taglia, spaziatura e variabilità: queste differiscono tra generi e specie. Questo metodo è stato usato negli studi sulla predazione dello squalo verso i pinnipedi (Broodie e Beck, 1983; Hiruhi et al., 1993) e verso piccoli odontoceti (Leatherwood et al., 1972; Corkeron et al., 1987; Cockcroft et al., 1989) e sono stati specialmente importanti nel capire la dinamica delle strategie di caccia dello squalo bianco lungo la costa californiana (Ames e Morejohn, 1990; Le Boeuf et al., 1982; Ainley et al.,1985; McCosker, 1985; Long, 1991; Long et al., capitolo 24; Ames et al., capitolo 28).
Lungo la costa atlantica del Nord America, alcune volte lo squalo bianco preda la focena Phocoena phocoena (Day e Fisher, 1954; Arnold, 1972). Nei pressi del Sud Africa, lo squalo bianco preda il tursiope Tursipos truncatus, il delfino comune Delphinus delphis e i delfini dell’Indo-Pacifico Sousa plumbea (Cockcroft et al., 1989; Cliff et al., 1989). Nelle acque australiane, lo squalo bianco è conosciuto in quanto caccia il tursiope (Corkeron et al., 1987; Bruce, 1992). Nel Mediterraneo, lo squalo bianco probabilmente si ciba solo di cetacei, incluso il delfino Grampus griseus e altre specie. Nelle acque della Nuova Zelanda, apparentemente attacca il delfino Lagenorynchus obscurus: queste conclusioni si basano su osservazioni di individui con cicatrici di morsi guarite e danni inflitti da squali sulle pinne dorsali.
Al contrario di quanto scritto sopra, gli attacchi di squalo verso i cetacei nella parte orientale dell’Oceano Pacifico settentrionale sono scarsamente documentati. Norris (1967) disse, “apparentemente la predazione dello squalo è importante in qualche area. Noi non abbiamo quasi mai visto ciò in California; perlomeno non posso pensare che di un solo caso”. Leatherwood et al. (1972) e Ridgway e Dailey (1972) hanno osservato diversi casi di squali che ferivano delfini e squali che attaccavano delfini vivi nelle acque del sud California e del Messico occidentale, ma queste osservazioni erano scarse e non riguardavano lo squalo bianco.
Stroud e Roffe (1979), dall’Oregon, hanno segnalato un delfino Lagenorynchus obliquidens nel quale l’attacco di uno squalo fu la causa principale della morte, e Long (1991) ha segnalato l’attacco di uno squalo bianco su una balena viva Kogia breviceps sulla base del morso di uno squalo bianco ritrovato nel peduncolo caudale. Slipp e Wilke (1953) e Sullivan e Houck (1979) hanno segnalato delle carcasse di una balena Berard bairdi. Roest (1970) ha segnalato una balena Ziphius cavirostris che aveva un grande morso di squalo, ma non hanno discusso la possibilità dello scavenging dopo la morte.
Gli esami dei contenuti dello stomaco di uno squalo bianco scelto lungo la costa occidentale degli Stati Uniti dal 1935 al 1984, riportati da Klimley (1985), fallirono nel trovare resti di cetacei. Le prime registrazioni della predazione dello squalo bianco in questa area venivano da carcasse attaccate riportate da Stroud e Roffe (1979) e Long (1991). Tuttavia, un’altra possibile documentazione sulla predazione verso gli odontoceti, basata sui racconti dei pescatori locali, fu dell’attacco di uno squalo bianco verso una focena nei pressi di Pacifica, contea di San Matteo, California, l’1 settembre del 1983, ma alcuni dettagli sono carenti (Szczepaniak, 1990). Non ci sono segnalazioni di predazione dello squalo bianco verso grandi odontoceti o adulti misticeti.
Mentre la predazione dello squalo bianco verso i cetacei è relativamente rara, alcuni squali operano la necrofagia (scavenging) verso cetacei morti (Long, 1991). Le carcasse di misticeti o di grandi odontoceti galleggiano per diverse settimane, provvedendo ad un grande approvvigionamento di cibo per alcune specie di squali e, possibilmente, soddisfacendo gran parte della dieta dello squalo bianco durante certi periodi dell’anno. È stato frequentemente osservato uno squalo bianco che si cibava di carcasse morte vicino l’Australia e a largo degli Stati Uniti orientali (Randall, 1973; Ellis, 1975; Carey et al., 1982; Pratt et al., 1982; McCosker, 1985; Casey e Pratt, 1985), e altri autori suggeriscono che i cetacei morti forse sono la riserva di cibo principale per lo squalo bianco in determinate aree (Carey et al., 1982; Casey, 1983). Lo scavenging da parte dello squalo bianco nella costa occidentale del Nord America non è stato documentato; alcuni squali bianchi sono stati osservati mentre effettuavano lo scavenging verso il Cetorhinus maximus (Follet, 1966). I cetacei sono importanti anche nella dieta dello squalo bianco.
Metodi
Le informazioni sulla predazione e scavenging verso i cetacei nella parte orientale del Pacifico settentrionale dal 1972 al 1992, attraversando l’intera costa dallo stato di Washington, sono state raccolte attraverso segnalazioni dalla Rete Nazionale Di Avvistamenti Di Mammiferi Marini (NMMSN), da diversi musei e da istituzioni scientifiche. Tutti i mammiferi marini hanno la protezione federale, e tutti i cetacei vivi o morti arenati che vengono trovati, sono esaminati. Le informazioni sulle specie, sesso, taglia, età, localizzazione, data e altro sono raccolte e, quando possibile, una grande autopsia viene eseguita per determinare la causa della morte. Sebbene l’NMMSN attraversi l’intera linea di costa degli Stati Uniti occidentali e l’area della California sia ben monitorata, ci sono potenziali prevenzioni nei dati raccolti.
Segnalazioni di tutti i cetacei sospettati di essere stati morsi da squali sono attentamente registrate, e la predazione dello squalo bianco è determinata da tre criteri:
– Osservazione diretta di un attacco nel quale sia il predatore che la preda vengono identificati positivamente;
– Osservazioni di cetacei vivi che mostrano ferite fresche di morsi o cicatrici di morsi guariti che potrebbero essere attribuiti ad uno squalo bianco;
– Autopsie su cetacei morti indicanti che l’attacco dello squalo bianco era la principale causa della morte o che i morsi erano stati inflitti prima della morte.
I criteri includevano l’evidenza di recenti dissanguamenti da un’area morsa, trauma, emorragia ossea vicino al morso o segni di coagulazione del sangue o guarigione attorno all’area morsa.
Le mascelle e i denti degli squali predatori della California sono stati esaminati per determinare le specie responsabili delle ferite inflitte osservate su carcasse di misticeti e odontoceti e per interpretare il comportamento di caccia. Vengono studiate (Long, 1994) le mascelle dello squalo bianco (N=27), del mako Isurus oxyrinchus (N=28), della verdesca Prionace glauca (N=61), del Notorynchus cepedianus (N=15), del notidano grigio Hexanchus grisou (N=8), dello squalo tigre Galeocerdo cuvieri (N=11), dello squalo leuca Carcharhinus leucas (N=13), dello squalo Carcharhinus obscurus (N=10). Le larghezze complete dei morsi degli squali bianchi sono misurate tramite la mascella superiore dietro i denti posteriori, e dietro la quinta fila di denti per i morsi parziali.
L’evidenza dello scavenging è basata su dirette osservazioni di squali che realmente si cibano di carcasse, o su morsi o denti che hanno lasciato segni su carcasse che possono essere attribuite ad uno squalo bianco: i morsi, quando è possibile, vengono fotografati. É stata accertata la tendenza stagionale e annuale dello squalo bianco allo scavenging verso grandi cetacei arenati lungo la costa californiana dalla parte meridionale della contea Del Norte alla contea Monterey, 1972-1992. La categoria di grandi cetacei include la balena Physeter catodon, l’orca Orcinus orca, la balena Globicephala macrorhynchus e le balene Z. cavorostris e Mesoplodon spp.
Risultati
Predazione
Long & Jones (1996) hanno ispezionato 19 piccoli odontoceti che mostravano segni di predazione da parte di squali bianchi: questi includono 11 focene Phocoena phocoena, 2 Phocoenoides dalli, e 1 di delfino a striature bianche, delfino di Risso, Kogia simus e Mesoplodon stejnegeri.
I morsi sono distribuiti ugualmente in diverse aree del corpo: 68% (N=13) sul peduncolo causale, 31% (N=6) sulla regione urogenitale, 36% (N=7) sull’addome, 21% (N=4) sul dorso, 10% (N=2) sulla testa e il 5% (N=1) sui fianchi. Delle 19 specie, una è stata recuperata nello stato di Washington e le altre sono collocate dal centro al nord della California (contee di Humboldt, Marin, San Mateo e Monterey). Gli attacchi su piccoli odontoceti accadono tutto l’anno, ma soprattutto durante l’estate (52%), con meno attacchi registrati in autunno, inverno e primavera (15% ogni stagione).
Queste registrazioni sono gli unici esempi conosciuti riguardo la predazione di squali bianchi verso gli odontoceti nella parte orientale dell’Oceano Pacifico settentrionale. Per la focena, la balena di Cuvier e di Stejneger, questo rapporto elenca il primo esempio noto di predazione dello squalo bianco verso queste specie.
Scavenging
Le documentazioni dello scavenging dello squalo bianco sulle carcasse si estendono da Brandon, Oregon, e Crescent City, California, andando verso sud San Diego, California. Almeno metà delle carcasse arenate sono state rinvenute vicino la costa centrale della California, e queste sono le uniche considerate in questo studio.
Tre su 12 grandi cetacei si arenano annualmente lungo la costa centrale californiana, ma molto probabilmente affondavano o galleggiavano verso il mare. Le carcasse dei cetacei erano disponibili tutto l’anno, ma l’abbondanza delle carcasse dei cetacei aumenta marcatamente durante la primavera. Circa il 70% delle carcasse appartenevano alla balena grigia Eschrichtius robustus.
È difficile stimare la percentuale di carcasse di cetacei “scavenged” da squali bianchi perché, prima di arenarsi, non è stata identificata la specie di squalo che ha inflitto i morsi.
Tuttavia, delle 37 grandi carcasse che abbiamo esaminato, il 56% (N=21) è stato “scavenged” da squali bianchi; il 21% (N=8) da verdesche e il 2% (N=1) da Notorynchus cepedianus. Solo l’8% (N=3) mostrava evidenti scavenging sia da parte dello squalo bianco che dalla verdesca.
Discussione
Corretta identificazione e uso pratico dei morsi di squalo
Senza osservazioni in prima persona delle strategie alimentari degli squali verso mammiferi marini, è difficile identificare correttamente quale specie di squalo potrebbe essere coinvolta quando si esaminano i morsi su mammiferi vivi o morti.
Tuttavia, le specie di grandi squali predatori hanno differenti morfologie dentali che, se esaminate correttamente, possono indurre ad una precisa identificazione generale o specifica. In casi speciali, i frammenti di denti ritrovati in un corpo o in una carcassa forniscono una indiscutibile identificazione della specie di squalo coinvolta (Orr, 1959; Collier, 1964; Ames e Morejohn, 1980; Nakaya, 1993); l’identificazione può anche essere fornita da segni di dentatura lasciati su ossa o su altri oggetti duri (Deméré e Cerutti, 1982; Ames e Morejohn, 1989; Cigala-Fulgosi, 1990; Nakaya, 1993).
La taglia, forma e condizione dei denti sulle carcasse può essere anche diagnostica per l’identificazione dello squalo.
I denti dello squalo bianco mostrano caratteristiche diverse e uniche: l’area del morso è ampia (di solito 20-60 cm); i denti sono relativamente larghi, proporzionalmente lunghi e grossolanamente seghettati; i denti superiori sono ampi e sottili, mentre quelli inferiori sono sottili e più conici; hanno pochi denti (12-13). Gli squali Carcarinidi (che includono Carcharhinus e Prionace) hanno un’ampiezza del morso più piccola (di solito minore di 30 cm), una sovrapposizione dei denti più numerosa e più piccola con seghettature più fini, e i denti inferiori che sono molto stretti e con carenza di seghettature; i morsi sui cetacei sono di solito piccoli ed evidenti. Gli squali tigre hanno denti ampi ma relativamente corti che sono molto seghettati, ma che non mostrano alcuna differenza tra quelli superiori e inferiori. Il mako ha i denti anteriori non seghettati, lunghi e sottili, mentre quelli laterali più corti sia nella mascella superiore che inferiore; a differenza di altri squali predatori, essi hanno più di una schiera di denti funzionale in ogni momento. Quindi, i morsi di uno squalo bianco possono essere determinate dalle ampie ferite paraboliche o ad arco, mostrando una singola schiera di forature che evidenziano una differenza tra mascella superiore e inferiore o, altrimenti, un taglio ampio, profondo e continuo o un morso circolare.
Sebbene le analisi dei morsi possono provvedere a scorgere dentro le attività di caccia dello squalo, bisogna procedere con cautela. Diversi studiosi hanno misurato le dimensioni dei morsi sulle carcasse come un metodo per stimare la relativa taglia dello squalo. In teoria, la taglia dell’apertura boccale di uno squalo bianco aumenta in proporzione alla lunghezza totale dello squalo ed è circa uguale alla dimensione della apertura boccale. Randall (1973) e Castro (1983) affermano che qualche squalo bianco potrebbe raggiungere una taglia massima di 750 cm, anche se la più grande taglia registrata e affidabile è di 720 cm (Mollet et al.).
Le stime della taglia dello squalo basate sulla taglia del morso possono essere ingannevoli a causa di fonti errate, qui dettagliate.
Stime originali della taglia dei morsi e lunghezza totale
Le stime delle relazioni tra morso dello squalo e lunghezza del corpo sono incentrati in gran parte nell’analisi di Randall (1973). Qui, egli cita le stime del rapporto morso-lunghezza basandosi su osservazioni generali da comunicazioni personali: l’ampiezza di un morso di squalo di 441-457 cm è 30.5 cm, quella di 487 cm è 33 cm. Apparentemente, Randall non ha misurato l’apertura boccale di campioni freschi o mascelle di squali di lunghezza conosciuta. Queste stime non sono probabilmente proporzionate e probabilmente portano ad una sovrastima della lunghezza totale dello squalo.
Per le nostre misure delle mascelle dello squalo bianco e di morsi freschi su pinnipedi e cetacei, la taglia del morso dello squalo bianco sembra essere proporzionatamente più grande in relazione alla lunghezza totale dello squalo, a differenza da quanto affermato da Randall (1973). Il rapporto di ampiezza bocca-lunghezza totale dello squalo bianco riportata da Bass et al. (1975) sostiene anche questo: uno squalo di 170 cm ha un’apertura boccale di 16.3 cm e, un’altro di 391 cm ha un’apertura boccale di 37.6 cm. Inoltre, abbiamo misurato le dimensioni di un morso su un pezzo di grasso, di oltre 40 cm, che è stato rigurgitato da uno squalo, di circa 450 cm.
Allo stesso modo, abbiamo misurato un morso fresco su un elefante marino Mirounga angustirostris ampio 58 cm, anche se le dimensioni dello squalo che ha inflitto l’attacco erano minori di 540 cm.
Completezza di un singolo morso
L’ampiezza dell’apertura boccale dipende su dove vengono prese le misure. L’apertura boccale è più ampia nella parte posteriore della mascella e diventa relativamente più piccola nella parte anteriore. Se uno squalo bianco morde una carcassa usando solamente la metà anteriore della mascella, allora la lunghezza totale dello squalo sarà piccola. Per una stima accurata, il morso deve comprendere l’intera apertura boccale e i dati raccolti devono includere il conteggio delle forature dei denti coinvolti nel morso.
Angolo e forza dell’attacco
Anche i morsi parabolici sono di solito osservati nei casi in cui la direzione del morso è relativamente perpendicolare al corpo del mammifero. Un singolo grande morso irregolare, tuttavia, è stato osservato qualche volta in qualche mammifero marino che indica una differente direzione dell’angolo del morso e una forza dell’impatto del morso contro il corpo.
L’orientazione di questi grandi morsi anormali suggerisce che potrebbero essere stati inflitti se l’angolo di attacco fosse stato più obliquo o se la forza dell’impatto avesse causato uno “slittamento” del morso lungo il corpo. Le schiere di denti, i lunghi tagli e i non tanto caratteristici ampi morsi parabolici erano evidenti in questo fenomeno.
Morsi a sovrapposizione multipla
Frequentemente ci siamo imbattuti in squali che stavano operando lo scavenging su carcasse di cetacei che avevano apparentemente un enorme singolo morso, ma ora hanno due o tre più piccoli morsi che si sovrappongono: ciò crea l’illusione di un grande singolo morso. Spesso, questi morsi si sovrappongono in tal modo che creano una sorta di parabola, una forma caratteristica di un singolo grande morso. Più comunemente, il “grande” morso, creato dalla sovrapposizione di morsi, di solito mostra una forma parabolica ampia e innaturale.
Aumento delle dimensioni del morso dagli scavengers
In diverse occasioni, abbiamo osservato che le dimensioni di un singolo morso di uno squalo bianco sono aumentate dalla perforazione degli scavengers attorno al margine interno del morso originale, spesso cibandosi ordinatamente senza lasciare niente della loro attività. A terra, il gabbiano Larus spp. e gli avvoltoi Cathartes aura spesso mangiano attorno all’area morsa, e in acqua, le verdesche possono fare la stessa cosa.
Come con la sovrapposizione dei morsi, ciò crea l’illusione di un singolo grande morso.
Espansione e gassazione dopo la morte
Quando una carcassa comincia a decomporsi, si riempie di gas e comincia ad espandere le cavità del corpo, il grasso e i tessuti dermici. Questi risultati portano a distensione e a gonfiore dei tessuti esterni; un morso nella parte esterna del corpo può distendersi fino a diventare circa il 25% più largo delle dimensioni originali. Sulla base di tali morsi, le dimensioni reali dell’individuo possono essere esagerate.
Decomposizione attorno al morso
Appena una carcassa di un mammifero marino si decompone, i tessuti mutano la pelle attorno al margine esposto, includendolo nell’area del morso. Un avanzato stato di decomposizione aumenta l’apparente taglia dell’area morsa. Quindi, qualche dimensione, che è stata stimata, potrebbe essere più grande dell’originale.
Disidratazione
Nei casi in cui le carcasse arenate siano esposte al caldo dei raggi solari per un lungo periodo, possono disidratarsi a differenti ritmi, causando restringimento, distensione e deformazione. L’epidermide e le pinne di solito si disidratano per primi e, in alcuni casi, differenti livelli di tessuti si disidratano e si deformano a differenti ritmi. Pertanto, le dimensioni e la forma del morso sul corpo potrebbero essere alterati a causa della disidratazione dei tessuti.
Flessione e deformazione
In alcuni casi di predazione su animali vivi o su carcasse in movimento, lo squalo può infliggere un morso in una parte del corpo che è flessa in una posizione concava. Quando l’animale o la carcassa ritorna ad una forma più lineare, la tipica forma parabolica del morso diventa più ampia. Se il corpo o la carcassa sono stati inarcati in una direzione convessa, la dimensione del morso ad arco potrebbe diminuire una volta che il corpo ritorna alla sua forma naturale.
Per usare il morso dello squalo come un valido parametro in grado di stimare le sue dimensioni, i morsi e le cicatrici devono:
– Trovarsi su carcasse fresche che mostrano piccoli segni di gonfiore, decomposizione o scavenging;
– Essere anche di forma parabolica per eliminare gli errori associati alla sovrapposizione dei morsi e alla deformazione;
– Includere segni di denti individuali per giudicare la proporzione dell’apertura boccale usata nel morso.
Relazione tra le dimensioni dello squalo bianco e dei cetacei
Le stime generali delle dimensioni dello squalo si basano sulle misurazioni del morso ritrovato sulle carcasse, e i rapporti delle dimensioni dei morsi con l’apertura boccale di dimensioni conosciute di squali bianchi, mostrano che larghi, ma non piccoli (minori di 350 cm) squali bianchi predano piccoli odontoceti.
Questa osservazione è supportata da Arnold (1972), Stevens (1984), Cliff et al. (1989) e Bruce (1992), i quali capirono che i resti di cetacei sono più comuni nello stomaco di squali bianchi adulti. Ciò metteva d’accordo anche la proposta di Klimley (1985) e di altri riguardo la relazione ontogenetica delle dimensioni spostata nella preda modello, con i giovani di squalo bianco che si cibano di pesci e gli adulti di pinnipedi e cetacei.
Questa sembra essere anche una relazione tra le dimensioni del predatore e quelle della preda. Le più grandi ferite di squalo su animali in questo studio sono quelle della balena di Cuvier e di Stejneger, lunghe circa 300 cm e, le dimensioni dello squalo che ha compiuto l’attacco, stimate dalle forature dei denti e dall’ampiezza degli stessi, erano di circa 500 cm. In tutti gli altri campioni esaminati, le dimensioni dello squalo possono essere considerate più grandi di quelle della preda, e in nessun caso si sono osservati morsi, prima della morte, su cetacei che erano più grandi di quando lo squalo ha attaccato. Ciò implica un limite superiore delle dimensioni delle prede dello squalo bianco e spiega perché i grandi cetacei non vengono attaccati.
Distribuzione geografica della predazione
La maggior parte dei morsi dello squalo bianco sugli odontoceti è stata registrata lungo la costa centrale della California. Solo una registrazione viene dal nord di quest’area, che riguarda una focena a Long Beach, contea Pacific, Washington: questa è l’unica area del nord California dove sono stati registrati numerosi individui di squalo bianco (Klimley, 1985). Qualche documentazione affidabile di morsi di squalo bianco su odontoceti è stata confermata a sud della California: si trattava di una femmina adulta di delfino comune raccolto a La Jolla, contea di San Diego, California, il 27 maggio 1989. Questo campione aveva un morso di squalo sulla coda e sul peduncolo caudale, ma non è stata identificata la specie di squalo.
È possibile che la predazione sugli odontoceti è più frequente di quanto documentato. Lo squalo bianco caccia molto i pinnipedi, ma questi possono uscire dall’acqua per curarsi una ferita, senza correre il rischio di poter subire un altro attacco imminente (Klimley et al., 1992; Long et al.). Invece, i cetacei non sono in grado di rifugiarsi in aree tranquille e, quindi, sono più vulnerabili agli attacchi.
È noto che gli squali bianchi cacciano nelle acque vicino la costa (Klimley, 1985; Klimley et al., 1992), ma tante delle specie di cetacei, trattate qui, sono state ritrovate lontano dalla linea di costa (Leatherwood et al., 1992; Dohl et al., 1983).
L’eccezione è la focena, che è il più comune odontocete nei pressi della riva (Huber et al., 1980; Dohl et al., 1983; Szczepaniak, 1990). Ciò è vero a causa dell’alta incidenza di predazione verso queste specie in confronto a tutte le altre specie di piccoli odontoceti trovati nell’area, ma sono necessari dei dati lontano dalla costa per risolvere questo dibattito.
Un’altra ragione per il basso numero di attacchi di squali verso i cetacei è anche legato alla disponibilità e abbondanza di differenti specie di pinnipedi, la principale preda dello squalo bianco in quest’ area: nelle aree dove la predazione degli squali bianchi verso gli odontoceti è molto frequente (Sud Africa, Australia e Mar Mediterraneo), l’abbondanza e la diversità dei pinnipedi è minore (Corkeron et al., 1987; Cliff er al., 1989; Cockcroft et al., 1989; Bruce, 1992). Ultimamente, l’incidenza di attacchi di squalo nelle acque orientali del Pacifico settentrionale può essere bassa perché solo una specie di squalo è coinvolta. In altre aree, dove il livello di predazione verso gli odontoceti è alto (circa il 30% o più), potrebbero essere coinvolti lo squalo bianco, lo squalo tigre e lo squalo toro (Wood et al., 1970; Corkeron et al.,1987; Cockcroft et al., 1989). Nessuna di queste specie vive nelle acque più fresche nei pressi della costa centrale e settentrionale della California (Compagno, 1984; Long, 1994; Seigel et al., 1996).
Complessivamente, la predazione dello squalo verso piccoli cetacei lungo la costa occidentale del Nord America sembra essere bassa.
Stagionalità degli attacchi
Gli attacchi di squalo bianco verso i cetacei sono documentati tutto l’anno, ma tante delle ferite sugli odontoceti sono registrate in estate e autunno.
Il tempismo di questi attacchi corrisponde al picco stagionale di ritrovamenti di pinnipedi feriti da squalo lungo la costa centrale della California. Ciò indica che durante l’estate e l’inizio dell’autunno, un grande numero di squali potrebbe cacciare lungo questa costa. La maggior parte delle documentazioni viene dalla focena, ma questa specie è molto abbondante in autunno e meno durante l’estate (Szczepaniak, 1990). Inoltre, la focena è abbondante nelle acque californiane a nord di Point Reyes (Dohl et al., 1983), però tutte le registrazioni di morsi di squalo bianco sulle focene nella California sono a sud da qui. Gli stessi modelli geografici sono mostrati tra i pinnipedi feriti da squali bianchi: ciò indica che l’andamento stagionale degli attacchi è legato all’abbondanza dei predatori, piuttosto che a quella delle prede.
Metodi di attacco
Lo squalo bianco attacca piccoli odontoceti nello stesso modo con il quale attacca pinnipedi e umani: un rapido morso iniziale che sorprende e uccide o inabilita l’animale (Tricas e McCosker, 1984; Klimley, 1994). Questo attacco può variare quando caccia delfini o focene. Gli odontoceti hanno un sonar diretto anteriormente e un campo di visione laterale, così un attacco a sorpresa dovrebbe avvenire nella “area cieca”o da sopra, da sotto o da dietro per evitare la rivelazione visiva o del sonar. Per evitarla, sembra che lo squalo bianco focalizzi i suoi morsi su particolari aree del corpo del cetaceo. Sulla base dell’orientazione del morso su cetacei vivi o morti, sembra che lo squalo preferisca mordere principalmente in 4 aree del corpo dei cetacei:
– Peduncolo caudale;
– Regione urogenitale;
– Area addominale;
– Dorso.
I morsi sulla testa e sui fianchi sono meno comuni. Un attacco iniziale non efficace, o comportamento “bite-and-spit” (Tricas e McCosker, 1984; Klimley, 1994), potrebbe permettere ad alcuni animali di sopravvivere e scappare con minori ferite, ma questo comportamento di predazione è da tempo scontato.
Il peduncolo caudale è un area vulnerabile perché un solo morso ben assestato può lacerare i muscoli del nuoto e i vasi sanguigni maggiori (Burne, 1952), immobilizzando il cetaceo. Precedenti relazioni sulla predazione dello squalo bianco verso i cetacei confermano che questa area del corpo è attaccata di frequente.
Arnold (1972) ha registrato tre focene nello stomaco di un solo squalo bianco, ognuna delle quali aveva “flukes” staccati dalla coda. Precedenti studi sulla Stenella longirostris (Norris e Dohl, 1990) e sul delfino bottle-nosed (Cockcroft et al.,1989) hanno annotato anche un’elevata prevalenza di morsi in questa area.
I risultati della nostra indagine confermano la vulnerabilità del peduncolo caudale negli odontoceti: il 68% degli animali, in questo studio, mostra ferite in questa regione.
I morsi nella regione urogenitale e addominale possono essere gravi dato che queste aree hanno una densa rete di nervi, vasi sanguigni e organi vitali (Burne 1952): molte delle ferite inflitte dallo squalo su animali esaminati, sono morsi in queste parti del corpo. Le aree dorsali hanno uno strato di grasso più spesso e più massa muscolare e gli attacchi in queste regioni potrebbero causare la morte meno probabilmente: ciò potrebbe accadere perché le ferite di squalo guarite sono osservate più frequentemente sul dorso di delfini e focene vivi (Norris e Dohl, 1980; Corkeron et al., 1987).
Altro sullo scavenging
Le carcasse di balena vengono ritrovate nei pressi della California settentrionale durante tutto l’anno, ma sono particolarmente abbondanti durante la primavera. Circa il 70% delle carcasse sono di balena grigia che hanno il loro picco naturale di mortalità durante la loro migrazione verso nord in primavera (Poole, 1981). Un picco di mortalità più basso tra gli altri grandi cetacei si verifica durante l’autunno e l’inverno.
Sebbene la periodicità e la locazione delle carcasse di balena siano imprevedibili, comunque sono una regolare fonte di cibo per gli squali nell’area. L’abbondanza di carcasse di cetacei corrisponde al periodo dell’anno durante il quale la predazione dello squalo bianco verso i pinnipedi è bassa.
È possibile che gli squali bianchi non si alimentano di pinnipedi nella tarda estate e autunno per scavenging grandi cetacei in primavera e nella fase iniziale dell’estate.
Un solo grande cetaceo è un’enorme fonte di cibo. Una carcassa può galleggiare per diverse settimane e trasudare una continua scia di sangue e olio che attrae gli squali da lunghe distanze. Pratt et al. (1982) osservò da quattro a nove squali bianchi che si cibavano di una carcassa di balena Baleanoptera physalus a largo di New York, ma si è osservato che si cibava solo uno squalo alla volta. Uno di noi (D.J.L) ha avuto la possibilità di osservare una situazione simile su una carcassa di balena blu Baleanoptera muusculu che galleggiava a largo di San Francisco, California, ad agosto del 1988. Circa cinque differenti squali bianchi si stavano cibando della carcassa, ma uno alla volta.
Anche se alcune verdesche erano nella zona, nessuna di queste si cibava mentre gli squali bianchi si stavano nutrendo. Di conseguenza, abbiamo trovato poche carcasse con morsi evidenti sia di squalo bianco che di verdesca (8% delle 37 carcasse esaminate). Tutto ciò indica, come illustrato da Pratt et al., che esiste una gerarchia di alimentazione tra gli squali bianchi e altre specie di squalo.
Sulla base delle dimensioni dei morsi che abbiamo esaminato sulle carcasse di balena, sembra che solo grandi squali bianchi (maggiori di 350 cm) effettuano scavenging. Pratt et al. (1982) e Casey e Pratt (1985) osservarono che, a largo della parte orientale degli U.S.A., solo gli adulti si cibano delle carcasse, e Klimley (1985) illustrò che solo grandi squali bianchi a largo della California scavenging lo squalo elefante. Come con la predazione verso piccoli odontoceti, lo scavenging verso grandi carcasse potrebbe essere una forma di cambiamento di dieta.
I contenuti dello stomaco di uno degli squali nella ricerca di Pratt et al. (1982) pesavano 28 kg, ma le nostre osservazioni e stime che provengono dall’esame e dalle misure delle carcasse, basati sulla quantità di carne rimossa da un singolo morso di squalo bianco, mostrano che un grande squalo bianco può facilmente consumare almeno 20 kg di carne con un solo morso. Pratt et al. (1982) illustrano anche che stessi individui sono stati osservati attorno alla carcassa per almeno una settimana. Sia squali bianchi che verdesche sembra che si alimentino selettivamente degli strati di grasso della carcassa (Klimley, 1994); si muovono lungo la carcassa strappando e mangiando gli strati esterni. Carey et al. (1982) hanno stimato che 30 kg di grasso potrebbero provvedere al fabbisogno alimentare di uno squalo bianco per un mese e mezzo. Sembra, quindi, che gli squali potrebbero massimizzare la loro energia cibandosi preferenzialmente del grasso dei cetacei.