Strategie alimentari dello squalo bianco

Le strategie alimentari dello squalo bianco.
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Il grande squalo bianco è un cacciatore violento e spietato e lo troviamo in attività sia di giorno che di notte. In alcuni habitat propri dello squalo bianco, questo uccide più elefanti marini in autunno e inverno perché in questo periodo i giovani elefanti marini di 1 o 2 anni (le prede preferite) sono più comuni in queste acque. Per esempio, nel Mar Mediterraneo, i pinnipedi sono assenti e la dieta dello squalo bianco si basa sui cetacei (delfini), pesci ossei, tonni… Tra gli squali bianco può manifestarsi anche il fenomeno del cannibalismo.

Gli squali apprendono dalle esperienze passate e sono capaci di raffinare la loro abilità predatoria. Infatti, sono stati osservati casi in cui lo squalo bianco cattura un pinnipede e, subito dopo, lo abbandona: questo comportamento potrebbe essere spiegato affermando che sia una pratica nella caccia.

Lo squalo bianco è a sangue caldo perché possiede dei meccanismi che sono in grado di trattenere il calore (rete mirabile): così un aumento della temperatura corporea rende capace questo predatore di nuotare più velocemente e, di conseguenza, è in grado di poter catturare prede veloci. Questi squali hanno il corpo rigido, una potente pinna caudale che genera la propulsione e sono meravigliosamente atletici.

Lo squalo bianco sembra che sia un potente predatore solitario (è molto raro imbattersi in gruppi sociali riunitisi per cacciare).

Quando una potenziale preda viene identificata dallo squalo bianco inizia l’avvicinamento e l’investigazione. In questa fase il predatore si rende conto di cosa si trova davanti diminuendo sempre più la distanza tra lui e l’oggetto fino ad arrivare a contatti brevi, piccoli colpi sferrati con il muso e solo talvolta morsi immediati, per valutare la commestibilità della possibile preda. Se i “risultati” della sua investigazione sono positivi avviene l’attacco, quasi sempre dal basso verso l’alto… In questo modo lo squalo bianco si rende quasi invisibile, fino all’ultimo istante, in quanto la colorazione bluastra del suo dorso si mimetizza con il colore del mare. La preda trova bloccata la direzione opposta a quella dell’attacco, cioè la superficie, e quasi inevitabilmente viene travolta e morsa, senza via di scampo.
Molto spesso la velocità dell’attacco e l’energia sprigionata sono tali da far fuoriuscire parte del corpo dello squalo fuori dall’acqua.

Volo di Levy

Lo squalo bianco salta fuori dall'acqua.

Sembra che gli squali adottino un particolare modo di muoversi e avanzare nelle profondità marine, un incedere noto come “volo di Levy“, che si adatta perfettamente alla vastità degli oceani in cui il cibo si trova a sprazzi in tante piccole aree isolate. L’utilizzo di questo particolare moto era già stato ipotizzato per alcune specie di albatros, ma i dati raccolti non erano stati sufficienti per elaborare una teoria organica e scientificamente esaustiva.

Il “volo di Levy” è un moto casuale che prevede spostamenti molto brevi e ravvicinati (spesso involuzioni) cui si alternano talvolta ampi salti con traiettorie costanti per distanze anche molto lunghe. Questa maniera di muoversi, secondo alcuni etologi e comportamentisti animali, costituirebbe la chiave nelle strategie di caccia degli squali. Lo squalo bianco è un cacciatore de-specializzato, e la sua dieta può variare molto a seconda della zona in cui vive. In Mediterraneo caccia tonni, pesci spada, tartarughe di mare, altri squali, delfini. Spesso si nutre anche delle carcasse di grandi cetacei. In altre parti del mondo può, ad esempio, cibarsi prevalentemente di foche o leoni marini. Sembra che non disdegni anche i rifiuti che vengono gettati dalle navi, e qualunque tipo di spazzatura possa venire a trovare. Lo squalo bianco caccia con una tecnica simile all’agguato, senza girare intorno alle sue prede, ma sorprendendole da sotto. La velocità in risalita, durante la predazione, gli è consentita dal fatto che lo squalo è privo della vescica natatoria, ovvero un organo idrostatico presente nei pesci ossei e che serve per poter stare a profondità variabili.

Si è ritenuto, per molto tempo, che la vista giocasse un ruolo secondario nella predazione, ma si è capito recentemente che gli squali bianchi e, verosimilmente, molte altre specie predatrici, hanno una vista molto acuta, su cui fanno grande affidamento. La perdita parziale o totale della capacità visiva può compromettere le possibilità di sopravvivenza dell’animale: infatti, nel momento del morso esso protegge i suoi occhi ruotandoli all’indietro fino a farli sparire dalle cavità oculari, a differenza di altre specie di squali che sono invece provviste di una protezione naturale chiamata membrana nittitante, che si alza come se fosse una palpebra, ma dal basso verso l’alto, con lo scopo di coprirne l’occhio, proprio per evitare qualsiasi lesione. Le strategie di caccia degli squali variano da luogo a luogo perché cambia la topografia della zona e le prede presenti. Quando attacca può raggiungere i 40 km/h.

Fasi dell’attacco

Le fasi dell'attacco dello squalo bianco.

In base alle prede cacciate, gli squali bianchi hanno evoluto diverse tattiche predatorie, sia diurne che notturne, impiegate in base ai fattori ambientali e alle condizioni naturali o meteo marine del luogo o del momento. Sarebbe ormai, inoltre, noto che questi squali apprendano dalle esperienze passate e adeguino le loro strategie al mutare delle tattiche difensive delle prede e ai diversi contesti ambientali.

Il comportamento predatorio degli squali è solitamente suddiviso in cinque fasi:

  –         rilevazione della possibile preda;
  –         identificazione della preda;
  –         avvicinamento;
  –         attacco;
  –         alimentazione.

Alcuni studiosi ritengono che la silhouette dei nuotatori e dei surfisti, osservata dal basso verso l’alto assomigli a quella dei pinnipedi o delle tartarughe marine e che questa identificazione errata sia la causa della maggior parte degli attacchi di squalo nei confronti degli esseri umani. Tuttavia, il fatto che gli squali bianchi attacchino gli oggetti inanimati di una varietà di figure, di formati e di colori, nessuno dei quali assomiglia a quelli di un mammifero marino, contrasta con l’ipotesi ben nota della “mistaken identity” (identificazione errata). Gli scienziati suggeriscono che gli squali bianchi colpiscano o attacchino frequentemente gli oggetti sconosciuti per determinarne le potenzialità alimentari. Secondo questa ipotesi azzannare un oggetto sconosciuto sarebbe l’unico metodo per poterne valutare la commestibilità.

Tecniche di avvicinamento

Le tecniche di avvicinamento dello squalo bianco.

Sulla base delle osservazioni subacquee, gli studiosi hanno riscontrato diverse tecniche di avvicinamento. La maggior parte degli squali osservati dimostra utilizzare un avvicinamento subacqueo “underwater approach” in cui lo squalo nuota appena sotto la superficie fino a circa un metro dalla possibile preda e, quindi, sferra l’attacco deviando la testa verso l’alto ed emergendo dall’acqua. Sono stati osservati anche attacchi con veloci balzi con il corpo che usciva solo parzialmente dalla superficie dell’acqua “surface-charge”. In altri casi più rari, gli squali bianchi utilizzano un attacco invertito “inverted approach” nel quale si presentano con il lato ventrale verso l’alto. Nonostante la maggior parte degli attacchi pare sia orientata orizzontalmente, gli attacchi verticali sono comunque molto comuni.

Sono stati osservati anche casi in cui esemplari di taglia media, in presenza di possibili prede, nuotavano tutti nella stessa area, mostrandosi a turno, con lo scopo di disorientare la vittima, lasciando ipotizzare (ma non tutti gli studiosi sono concordi su quest’argomento) che fosse in atto una sofisticata tattica coordinata di caccia di gruppo, come se i diversi squali, alternativamente, avessero il compito di distrarre l’attenzione della vittima per consentire ad un preciso esemplare preposto di sferrare l’attacco di sorpresa finale. Ciò farebbe emergere l’esistenza di un comportamento sociale ben più evoluto di quanto sin d’ora teorizzato. Nelle medesime osservazioni è anche emerso che una volta uccisa la preda, gli esemplari si alimentavano sempre individualmente secondo un ordine gerarchico ben stabilito.

Gli esemplari maggiori, al contrario, cacciano sempre individualmente prediligendo gli attacchi di sorpresa dal basso o da dietro, con lo scopo di limitare al massimo sia i rischi di ferite nella lotta con le prede, che il dispendio energetico.

Gli assalti vengono compiuti preferibilmente nella zona addominale o in prossimità del peduncolo caudale, causando devastanti ferite e gravi mutilazioni. Questa tecnica è ottimale per cogliere di sorpresa pesci veloci, come i tonni o i pesci spada, che vengono feriti gravemente e praticamente immobilizzati al primo assalto, per poi essere lasciati morire dissanguati. Lo squalo, quindi, si allontana, ma senza lasciare la zona, in modo di minimizzare i rischi di possibili traumi causati dalla strenua difesa delle prede, per poi ritornare con calma a terminare il pasto. La medesima strategia di assalto dal basso o da dietro verso la regione caudale, è fondamentale per evitare di essere individuati dal sonar naturale dei cetacei, collocato nel melone, che è posto nella zona frontale della scatola cranica, che consente solamente una localizzazione anteriore e solo parzialmente laterale.

Squali volanti

Il volo dello squalo bianco.

Lo squalo bianco del Sud Africa con estrema agilità si lancia verso la superficie per afferrare al volo le otarie: il fenomeno viene riscontrato solo in questa zona del pianeta.

Lo studio è stato effettuato con delle otarie meccaniche che consentono di analizzare nel dettaglio la tecnica di caccia di questi squali e le loro impressionanti evoluzioni aeree.

In acque basse lo squalo nuota parallelo alla preda: a profondità media la traiettoria è più verticale e il punto di partenza più profondo; gli attacchi più verticali hanno inizio da grandi profondità e sono accompagnati da salti aerei. Le otarie per evitare gli attacchi si mantengono sempre sul fondo emergendo solo quando si trovano vicino alla costa.

In queste zone attaccano con evoluzioni aeree per la particolare tipologia del fondale, per l’abbondanza di prede che nuotano in superficie e per una coda possente e muscoli d’acciaio.

Gli squali bianchi della California si comportano in modo diverso: non saltano fuori dall’acqua perché sono più grossi e più grandi e perché hanno una dieta differente. Infatti, a seconda della dieta cambiano anche gli attacchi. Quelli sudafricani cacciano in superficie saltando fuori dall’acqua perché le otarie si trovano spesso in superficie; in California si cibano di elefanti marini, i quali passano molto del loro tempo sul fondale.

Per raggiungere la velocità necessaria per compiere con successo gli assalti verticali che si concludono frequentemente con incredibili slanci aerei, il Grande Squalo Bianco ha bisogno di una profondità di almeno 12-15 metri. Questi si verificano di norma attorno alle isole rocciose colonizzate da mammiferi marini, negli orari in cui le possibili prede lasciano o fanno ritorno alle sicure coste. Gli squali in caccia pertanto sono indotti a pattugliare sistematicamente i tratti di mare dove i fondali hanno dei ripidi salti che raggiungono almeno tali profondità.

Perché si verifichino questo tipo di assalti sono necessarie le seguenti condizioni:

Il Sole deve essere basso sull’orizzonte, in modo che la maggior parte dei suoi raggi si rifletta sulla superficie dell’acqua, orientativamente dalle 5:00 alle 7:00 del mattino e nel tardo pomeriggio prima del tramonto, in quanto nelle ore centrali della giornata il Sole alto farebbe penetrare la luce in profondità, svelando più facilmente la presenza del predatore;
La condizione migliore viene ottenuta con il cielo nuvoloso;
Il mare non deve presentare onde lunghe, i cui effetti giungono sino alla profondità dove si trovano gli squali in agguato, che risentendo anch’essi dei movimenti potrebbero essere scorti;
Le onde corte, al contrario, generano finissime bollicine in sospensione nell’acqua, celando ancor meglio l’aggressore.

Le migliori condizioni che consentono al Grande Squalo Bianco di sferrare un attacco verticale: Sole basso sull’orizzonte – o meglio ancora – cielo coperto, onde brevi che generano minuscole bollicine in sospensione nell’acqua, fondale che presenta un ripido salto verticale che raggiunge una profondità di almeno 12 – 15 m. Gli squali in questa situazione fanno affidamento al loro colore dorsale scuro che li rende praticamente invisibili alle prede nel bassissimo contrasto tra le scure rocce del fondo e le alghe, mentre al contempo riescono a scorgere perfettamente stagliati in controluce i pinnipedi in superficie. Individuata la preda propizia, lo squalo, senza nessuna esitazione, le si scaglia contro nuotando a velocità elevatissima, tale sino da fargli compiere prodigiosi, quanto spettacolari, balzi fuori dall’acqua.

Le otarie tante volte, però, riescono a sfuggire all’attacco dello squalo bianco utilizzando una strategia che potrebbe mettere a repentaglio la loro vita: si avvicinano così tanto allo squalo che il predatore non riesce a catturarle.

Ci sono grandi vantaggi nel compiere attacchi dal basso verso l’alto: in primo luogo un assalto di questo tipo pone il predatore in una condizione di considerevole superiorità, in quanto in virtù del suo colore dorsale scuro rimane praticamente invisibile dalla preda sino all’ultimo istante e, in secondo luogo, le prede sono nella condizione esattamente opposta, ossia nettamente visibili stagliate in controluce e, in terzo luogo, nell’attimo dell’assalto la preda rimane “bloccata” contro la superficie perdendo la possibilità di fuggire nella direzione opposta dalla quale viene attaccata. A causa della massa e della grande velocità dell’assalto del Grande Squalo Bianco, la preda frequentemente viene addirittura sbalzata fuori dall’acqua. In molte occasioni è lo squalo stesso a compiere straordinari salti fuori dall’acqua.

La propensione a compiere attacchi verticali dal basso verso l’alto è concomitante ai cambiamenti fisici conseguenti la crescita dell’animale, come l’ampliamento dei denti che si ritiene sia un adattamento per l’alimentazione sui mammiferi marini.

È ormai ampliamente verificato che gli squali bianchi preferiscono nutrirsi di animali ricchi di grasso altamente energetico, rispetto a prede energeticamente povere. Queste considerazioni sono sostenute dalle numerose osservazioni di aggregazioni di squali bianchi documentati alimentarsi selettivamente di grasso di carcasse di balena e non sugli strati di muscolo.

La strategia che il grande squalo bianco predilige è l’inseguimento di una preda seguito da un attacco a sorpresa. Ma non è l’unica. Lo si è spesso osservato a dare la caccia a prede nascoste nelle fessura di alcune scogliere.

Ecco lo squalo bianco.

Questo possente predatore dei mari include nella sua dieta anche prede equipaggiate con “armamenti” difensivi, come spine o chele: granchi, bivalvi, chiocciole e tartarughe marine. Alcuni tra i più grandi crostacei hanno sviluppato chele che hanno la capacità di infliggere seri danni ai loro aggressori: di conseguenza, questi hanno evoluto delle caratteristiche che gli permettono di minimizzare i danni.

Il Carcharodon carcharias appartiene anche alla categoria dei necrofagi, cioè si nutre delle carcasse di animali in via di decomposizione, come quelle dei cetacei. In questo caso, lo squalo bianco mostra un modello generale di caccia: manda a fondo i suoi denti nella carcassa e agita il suo capo da una parte all’altra; in seguito, ritorna alla sua posizione originale grazie a potenti colpi dati dalla sua grande pinna caudale. Lo squalo bianco non si comporta in tal modo solo con le carcasse di altri animali, ma anche con i cadaveri umani.

Da tutte queste osservazioni sulle strategie di caccia dello squalo bianco, possiamo affermare che queste dipendono strettamente dall’habitat che occupa lo squalo e dal tipo di preda che frequenta l’habitat dello squalo.

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