I danni del Covid-19 colpiscono gli altri organi, ma non il cuore
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Nessun problema cardiaco persistente è stato rilevato dai più recenti studi

Tutti i ricercatori erano convinti fin dall’inizio che il Covid-19 avrebbe provocato conseguenze negative su diversi organi dei pazienti.

Gli studi di imaging effettuati si sono concentrati però, almeno finora, sugli effetti a lungo termine della patologia su un organo per volta.

Uno degli studi MRI post Covid-19, evidenziato anche con un interessante articolo su Science.org, ha invece dimostrato che circa il 60% dei ricoverati per questa patologia, dopo 6 mesi da essere stati infettati, presentavano anomalie in più organi (e in particolare in polmoni e cervello) rispetto a coloro che non avevano contratto la malattia, la cui percentuale si è fermata al 27%.

Lo stesso studio ha inoltre rilevato che nessun paziente ha manifestato problemi cardiaci, cosa che ha stupito molto i ricercatori in quanto ricerche precedenti sembravano lasciar pronosticare danni gravi al cuore.

La clinica-ricercatrice Linda Geng della Stanford University School of Medicine, ha manifestato la propria sorpresa: «Questo è uno studio intrigante… e si aggiunge alla crescente letteratura sugli impatti multiorgano dopo una grave infezione da COVID-19».

Lo studio si è avvalso dei dati di 259 pazienti all’interno di un più ampio progetto britannico, il PHOSP-COVID, i quali, da non vaccinati sono stati ricoverati in ospedale. 5 mesi dopo le loro dimissioni dal nosocomio i pazienti sono stati sottoposti a Risonanza Magnetica, ad esami del sangue e fisiologici, e è stato loro sottoposto un questionario per approfondire i loro sintomi.

Lo stesso procedimento è stato eseguito su 50 persone che non avevano contratto la SARS-CoV-2.

I dati sono stati infine affinati aggiustando i fattori di confusione, come ad esempio l’indice di massa corporea e il fumo.

Il risultato ha manifestato un’incidenza negativa di circa 3 volte superiore in almeno 2 organi nelle persone precedentemente contagiate, prevalentemente polmoni e cervello. Il numero di pazienti che hanno manifestato problemi cardiaci è stato invece esattamente lo stesso per tutti i pazienti.

Questo risultato ha fatto pensare che le anomalie cardiache potrebbero non essere così strettamente legate al Covid-19 come si pensava. È questo, tra gli altri, il pensiero del Dr. Steffen Petersen, cardiologo della Queen Mary University di Londra che ha collaborato con alcuni degli autori dello studio.

Nell’imaging polmonare le anomalie segnalate sono state tosse e oppressione toraciche, e in coloro che riferivano gravi danni fisici o mentali si riscontravano le maggiori possibilità di sofferenza in più organi.

Il Dr. Geng ha infine commentato che nonostante alcune limitazioni: «… studi come questo forniscono dati e evidenziano la necessità di un approccio multidisciplinare che coinvolge tutta la persona per la cura post-COVID. I medici dovrebbero essere vigili sui potenziali impatti multiorgano del COVID-19».

Il Dr. Tanayott Thaweethai, biostatistico del Massachusetts General Hospital, ha sottolineato che il valore principale dello studio sta nel descrivere le condizioni dei pazienti ricoverati, piuttosto che cercare di spiegare le cause dei loro sintomi e dei risultati della risonanza magnetica. Ha aggiunto inoltre che gli piacerebbe sarebbe curioso di confrontare i risultati con le risonanze magnetiche delle persone ricoverate in ospedale più di recente, ora che le vaccinazioni sono diffuse e le varianti dominanti di SARS-CoV-2 sono cambiate.

La raccolta dei dati prosegue e sono state raccolte altre 240 schede che contribuiranno ad affinare le deduzioni.

Foto di Tumisu da Pixabay

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Di Enrico Cannoletta

Amante della natura e della Sampdoria.

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