Attività vulcanica attiva da decine di migliaia di anni
Il recentissimo forte terremoto che ha colpito la zona del napoletano ha riportato d’attualità i Campi Flegrei, zona bellissima del litorale campano, ma molto particolare dal punto di vista degli studi sismici. Dell’argomento si è interessata anche la rivista Focus sul proprio sito.
Perché Campi Flegrei? Il termine flegreo deriva dal greco «brucio», «ardo», e fu attribuito dai primi coloni greci della zona che notarono le varie fumarole e le acque termali. Flegra era anche l’antico nome della penisola calcidica di Pallene.
Si tratta di un territorio che presenta caratteristiche molto particolari. Rispetto al Vesuvio, che è un unico vulcano, i Campi Flegrei sono un insieme di centri vulcanici disposti in una ristretta superficie chiamata caldera.
La caldera è un’area depressa che si è costituita a seguito di una serie di eruzioni avvenute a partire da 40.000 secoli fa che hanno concentrato sul bordo della zona della ignibrite (roccia piroclastica compatta) e al centro del tufo giallo. Il territorio interessato comprende fra gli altri Posillipo, Pozzuoli e l’antica Baia, meta degli imperatori romani, e si pone tra Nisida e Capo Miseno.
Le continue eruzioni avvenute dove ora c’è la caldera, col tempo, avevano fatto saltare il tetto del serbatoio magmatico sottostante determinando questa situazione.
Le condizioni che si sono create hanno scatenato il fenomeno del bradisismo, che fu avvertito già a partire dal IV secolo d.C. Alla fine del secolo scorso si avvertì un innalzamento della zona di circa m. 3,5, seguita da un periodo di stasi durato circa 30 anni. Dal 2005 infatti si è riscontrata un’ulteriore tendenza al sollevamento del suolo che è ancora in atto.
Attualmente l’attività sismica risulta attiva, e nel solo mese di luglio di quest’anno si sono registrati 203 terremoti.
I vulcanologi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Foto tratta da Wikipedia