Quanto carburante rimane al nostro pianeta?
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Se pensate che ci si riferisca a gas o petrolio sbagliate di grosso. Il carburante a cui fisici delle particelle e geofisici stanno cercando di misurare è quello che ha dato vita e tuttora mantiene viva la Terra, quello che gli ha consentito di ospitare la vita, ovvero il campo magnetico e la tettonica. Sono i “carburanti” rispettivamente cosmico e planetario che hanno permesso che sul nostro pianeta si sviluppassero i sistemi che lo caratterizzano, a volte anche con eventi drammatici come terremoti o eruzioni vulcaniche.

La rivista Focus ha pubblicato un interessante articolo sull’argomento, che noi riprendiamo volentieri per la sua attualità e l’importanza che riveste non solo per la ricerca, ma soprattutto per quanto riguarda il futuro dell’umanità e delle altre specie.

Occorre a questo punto ricordare che queste energie sono quelle che hanno fatto in modo che si aggregassero rocce e polveri, anche grazie al decadimento degli elementi che costituiscono il nucleo terrestre. Insomma una vera e propria energia primordiale, che ha creato le condizioni di vita terrestri come oggi le conosciamo. E per misurare la capacità che il pianeta ha di produrre l’energia che lo mantiene in vita, gli scienziati ricorreranno alla verifica di quanti geoneutrini la Terra è ancora in grado di produrre.

I geoneutrini sono le particelle subatomiche che si creano dai processi di vita delle stelle

Quanto carburante rimane al nostro pianeta?
La “trappola” utilizzata a Borexino per imprigionare i geoneutrini.

(ovviamente compreso il Sole), dei buchi neri e delle supernove (esplosioni stellari), ma che vengono prodotte anche nei reattori nucleari o in natura in virtù del decadimento nucleare degli elementi che si verifica nelle viscere della Terra.

Il metodo che sarà adottato per questo conteggio è piuttosto complicato anche dal punto di vista logistico, essendo necessario collocare i rivelatori in modo che siano protetti dai raggi cosmici e dai neutrini solari, e perciò schermati da migliaia di metri di roccia.

Il nostro Paese è coinvolto in questa importante ricerca: nel 2022 saranno operativi due di questi rivelatori, e precisamente SNO+ (Canada) e Jinping e Juno (Cina), mentre tre anni più tardi entreranno in funzione anche quelli di KamLand, in Giappone, e Borexino in Italia.

Proprio a Borexino, lo scorso anno sono stati “catturati” alcuni tra questi geoneutrini che hanno consentito uno sviluppo importante della ricerca.

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Di aletave

Dottore in Scienze Naturali, copywriter e blogger.

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