Il dilemma delle stringhe
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È utile proseguire a cercare di confermare la teoria delle stringhe, o non ne vale la pena?

Uno degli argomenti che maggiormente hanno coinvolto la comunità scientifica provocando euforie, delusioni è la teoria delle stringhe (string theory), una delle candidate ad approfondire e trovare una “teoria del tutto”.

Affrontata per la prima volta negli anni ’60 del secolo scorso, fu applicata ad interprete di una interazione forte, ma fu poi superata dalla cromodinamica quantistica. Successivamente fu riscoperta per spiegare la teoria quantistica della gravità.

Questa suggestiva ipotesi, che in origine considerava solo i barioni, divenne teoria delle super stringhe incorporando anche i fermioni, dando corpo all’ipotesi della supersimmetria.

In che cosa consiste

L’intuizione geniale fu quella di considerare le particelle puntiformi come oggetti unidimensionali chiamati appunto “stringhe”, in grado di propagarsi nello spazio e nel tempo, interagendo tra di loro.

Quando la distanza è maggiore della loro lunghezza, le stringhe si comporterebbero come le altre normali particelle, manifestando quindi massa, carica e con tutte le altre proprietà dipendenti dal tipo di vibrazione posseduta dalla stringa stessa.

Da notare che una di queste vibrazioni corrisponde a quella del gravitone, facendo entrare la teoria nell’ambito dello studio della gravità quantistica.

Sorge però un grande problema: per avere un campo completo delle sue manifestazioni occorrerebbe coinvolgere un landscape (paesaggio) equivalente a ad un numero di universi pari a 10 elevato alla 500.a potenza (ovvero 10 seguito da 500 zeri).

Questo è il motivo principale per cui i ricercatori si stanno interrogando circa l’opportunità di proseguire gli sforzi necessari a cercarne una conferma.

Fotografia tratta da unsplash.com

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Di Enrico Cannoletta

Amante della natura e della Sampdoria.

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