Leggendo il titolo di questo articolo ci si può domandare cosa abbiano in comune indice di rifrazione e velocità della luce. Siamo abituati infatti a tirare in ballo questa costante solo in relazione alla distanza tra corpi celesti o quando intraprendiamo discussioni sulla Teoria della Relatività. Eppure l’attinenza è molto stretta, perché il primo è strettamente dipendente dalla seconda, in modo assoluto, tanto da interessare, come vedremo, moltissimi campi del nostro mondo.
Uno dei mezzi più usati dagli operatori di laboratorio, in questo senso, è il “rifrattometro”. Si tratta di uno strumento in grado di stabilire con precisione molto adeguata (approssimazione a circa 0,00002) l’indice di rifrazione di un materiale, ovvero la misura in cui il raggio di luce che lo attraversa viene deviato al suo interno.
Un fenomeno simile può essere osservato facilmente nell’acqua, anche con i corpi solidi. Infatti, se immergiamo un bastone nell’acqua del mare potremo vedere che all’apparenza esso ci pare piegato verso l’interno o verso l’esterno. È l’effetto ottico della rifrazione. Ogni corpo ha un suo indice di rifrazione e nei i corpi trasparenti possiamo misurare questo valore e riferirlo direttamente al corpo medesimo.
Ma perché la luce devia all’interno di un corpo? Noi sappiamo che essa viaggia nel vuoto alla velocità di 299 792,458 Km al secondo, ma i corpi trasparenti, pur lasciandola filtrare, ne rallentano la corsa. Ebbene l’indice di rifrazione è la misura di quanto un corpo è in grado di rallentare la luce lasciandosi attraversare da essa.
È ovvio a questo punto che ogni materiale possieda una capacità diversa in base alla sua costituzione. I Gemmologi approfittano di questa legge fisica per determinare almeno la varietà di un materiale e distinguere ad esempio un quarzo da un vetro. Purtroppo la moderna tecnologia ha consentito di creare materiali sintetici, i quali possiedono le stesse caratteristiche ottiche dei loro corrispondenti naturali, per cui in un’analisi completa per determinare la natura di una gemma il solo rifrattometro è insufficiente, ma consente comunque di escludere un gran numero di altre possibilità.
Come funziona il rifrattometro ottico? Vediamo quello gemmologico, ma tenendo conto che il principio di base è comune per tutti. Lo strumento in sé stesso è molto semplice e non richiede l’ausilio della moderna elettronica, se non per fornire un’illuminazione adeguata e facilitare la lettura all’analista. Si basa sulle proprietà del prisma, attraverso il quale viene fatto passare un raggio di luce indirizzato e orientato poi verso la gemma da osservare. Questa viene appoggiata su una superficie anch’essa trasparente sulla quale viene applicata una goccia di un liquido di contrasto solitamente avente un indice di rifrazione superiore a 1,81. L’operatore a questo punto osserva l’ombra creata dalla proiezione della luce su una scala graduata e ingrandita. Il punto in cui la scala inizia ad essere illuminata corrisponde all’indice di rifrazione corretto.
Esistono casi in cui le gemme in questione producono due diversi risultati a seconda dell’asse di osservazione della luce. In queste specifiche circostanze l’analista si munisce di un filtro per luce polarizzata e ruotandolo ottiene lo spostamento dell’ombra sulla scala graduata. I due estremi rilevati corrispondono ai due risultati, e la gemma in questione si dice birifrangente.
Il rifrattometro, però, non viene utilizzato soltanto in gemmologia, e può essere molto utile in tutti i campi della ricerca e del lavoro, come ad esempio a misurare salinità e densità dell’acqua, oppure la concentrazione di liquidi o oli, fino alle misurazioni nei gas o nei liquidi organici. Esistono ovviamente rifrattometri specifici per ogni utilizzo e impiego, perché la piattaforma adatta per analizzare un solido non può essere la stessa che è necessaria per analizzare un liquido o un gas. Ma, come già accennato il principio di base è identico, come i presupposti delle misurazioni.
Avreste detto che la misurazione di un eventuale rallentamento della luce fosse così semplice?