Il Big-Bang, come tutto ebbe inizio e come finirà
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Tra le varie ipotesi scientifiche, quella che in campo astrofisico è la maggiormente gettonata negli ultimi anni è la teoria del Big Bang. Ma contrariamente a quanti molti credono, essa non si riferisce all’esplosione iniziale, come il nome farebbe credere, ma all’evoluzione dell’universo conosciuto, seppure per spiegarla si ricorra sinteticamente alla descrizione sommaria di un’esplosione. Vediamo quindi insieme di riordinare le idee sulla teoria attualmente accreditata per risolvere uno dei più importanti quesiti esistenziali dell’umanità: da dove veniamo?

Si ritiene che in origine a tutto esistesse un grande agglomerato di energia e massa, così concentrato e chiuso in sé stesso da non lasciar filtrare neppure un minimo raggio di luce, nonostante la grande pressione che teneva insieme il tutto dovesse per forza di cose generare un immenso calore. A questo punto, anche se ci si aspetterebbe la spiegazione di come e perché si ruppe questo equilibrio, la maggior parte degli scienziati passa onestamente al punto successivo, anche se quel fatidico momento resta materia di studio.

Il Big-Bang, come tutto ebbe inizio e come finirà
Rappresentazione immaginaria di Big-Bang. In realtà tutto si svolse al più completo buio e silenzio.

Sta di fatto che fu proprio in uno specifico e fatale momento di quelle condizioni che avvenne un’esplosione che proiettò verso l’esterno, con potenza inaudita tutta la massa che fin lì era compressa in uno spazio molto ridotto. La nostra immaginazione, confortata dalle esperienze della fisica tradizionale ci evoca un’immagine di luce e un frastuono oltre l’eccezionale, e invece si ritiene che il Big Bang avvenne nel buio più profondo e nel silenzio più assoluto, proprio perché la pressione, sebbene liberata dall’esplosione, avrebbe impedito a luce e rumore di propagarsi all’esterno almeno per i primi 300.000 anni.

Le grandi masse proiettate si diressero tutte per proprio conto nelle direzioni più disparate ma hanno ancora oggi una dinamica in comune: si allontanano in moto esponenziale l’una dall’altra. Per spiegare questa condizione abbastanza anomala, essendo abituati a concetti diversi, possiamo immaginare l’espansione delle masse provocata dal Big Bang come gli atomi di gas di un palloncino che si gonfia, in cui la crescita avviene per ingrossamento costante e per dilatazione. Espressi questi semplici concetti ci accorgiamo di esserci già addentrati nella spiegazione della teoria. Occorre solo aggiungere l’assunzione di un termine tecnico, il quale ci tornerà molto utile qualora volessimo approfondire il campo: le condizioni pre Big Bang determinavano uno status in cui le normali leggi della fisica non sono applicabili, e questa situazione prende il nome di “singolarità”.

La teoria del Big Bang è stata dedotta dalle intuizioni e successivamente dalla formula della teoria della relatività di Albert Einstein, ma ha poi trovato delle conferme anche sperimentali rispetto alle prime osservazioni che comunque confermavano la sua dinamica con la constatazione dell’allontamento dei corpi celesti. Per misurare questi spostamenti si ricorre principalmente al misuratore di spettro, il quale indica con la distinzione dei colori delle luci percepite la loro direzione, sapendo che quelle tendenti al rosso indicano masse che si allontanano, mentre se fossero blu sarebbero in avvicinamento.

Tra il 1927 e il 1931 fu nientemeno che un fisico religioso, il sacerdote cattolico belga Georges Lemaître a proporre una conferma alla teoria, constatando che l’allontanamento delle masse implica obbligatoriamente, andando indietro nel tempo, un momento in cui esse dovevano necessariamente essere tutte compresse. A questo proposito Lemaître sostenne che fossero raccolte “in un unico atomo in cui spazio e tempo dovevano ancora comparire”. Ma se ancora non ci si può rispondere sul perché l’esplosione avvenne, possiamo invece interrogarci circa cosa esistesse al momento in cui tutto ebbe inizio.

Si tratta di uno sforzo considerevole, perché ci addentriamo nell’analisi di attimi in cui sappiamo quasi con certezza non esistesse né lo spazio come noi lo concepiamo, ma addirittura neppure il

Il Big-Bang, come tutto ebbe inizio e come finirà
Il buco nero più grande mai osservato, è nella nostra galassia ed è stato ritratto nel momento in cui sta per inghiottire la stella V404 Cygni

tempo. Possiamo cercare di pensare esclusivamente al dopo Big-Bang, ma è per noi impossibile immaginare un prima. Da quanto scopriamo analizzando e osservando (grazie ai particolari e sofisticati strumenti e telescopi itineranti nell’universo che siamo stati in grado di costruire) corpi celesti sempre più lontani, e quindi più vicini all’esplosione primordiale, emerge che si doveva avere quasi certamente un’abbondanza di elementi leggeri quali elio e idrogeno. Nel 1964, poi, si scoprì la radiazione cosmica di fondo (CMBR = Cosmic Microwave Background Radiation), di cui fu analizzato lo spettro e ci si accorse che era tendente al nero. Questo convinse tutta la comunità scientifica che il Big Bang o un evento simile ad esso era realmente accaduto.

A questo punto si apre però un dibattito scientifico abbastanza inquietante sul futuro dell’umanità. Se la potenza scatenata dal Big Bang ha consentito fino ad oggi ai corpi celesti di proiettarsi sempre più lontano, cosa sarà in futuro? Essi proseguiranno a viaggiare in una direzione che li porterà ad espandere l’universo all’infinito? Oppure gradatamente rallenteranno? E se rallentassero cosa avverrebbe? Ci sarà un momento in cui si raggiungerà una situazione di equilibrio in cui le forze naturali o della fisica terrebbero uno status quo costante per un universo a quel punto “finito”? O si verificherebbe una condizione di contrazione in cui tutti i corpi, terminata la spinta iniziale inizieranno a riavvicinarsi fino a riunirsi ancora dove tutto ha avuto inizio, con la cancellazione dello spazio e del tempo magari per poi riesplodere nuovamente?

Si tratta certamente di quesiti inquietanti e affascinanti che però riguardano l’universo e non il nostro genere. Noi e il nostro pianeta siamo destinati a finire in un buco nero. Quando infatti il nostro Sole avrà esaurito i componenti che generano le sue continue esplosioni di energia, inizierà a concentrarsi su se stesso attirando a sé tutto quanto è nel suo raggio di azione, e generando un buco nero nel quale non sappiamo ancora bene cosa accade. E questo avverrà molto prima di scoprire come finirà l’azione del Big Bang. A meno che, come ha ipotizzato recentemente il fisico statunitense Stephen W. Hawking, non ci si fermerà alle soglie del baratro, ovvero su quello che è chiamato orizzonte degli eventi. Ma il fisico stesso, pur ammettendo di essere disposto a viaggiare nello spazio, confida esplicitamente di non voler sperimentare questo viaggio ai confini di un buco nero.

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Di aletave

Dottore in Scienze Naturali, copywriter e blogger. Fondatore di questo blog.

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