I fenomeni della natura ci lasciano immancabilmente a bocca aperta e rappresentano una delle motivazioni maggiori per l’Uomo a interessarsi alle scienze. La molteplicità di queste espressioni, poi, è assolutamente infinita, aumentando di conseguenza stupore e passione.
Ogni regno e ciascuna specie presenta le sue eccezionalità e da questo assioma non è ovviamente escluso il mondo dei minerali, che sebbene “inanimati” paiono assumere quasi una propria intelligenza, tanto è grande la stranezza di alcune manifestazioni.
La regina delle gemme, il diamante, nonostante debba la sua preziosità in gran parte alla purezza degli esemplari, presenta in alcuni casi delle impurità imprigionate al suo interno che rendono l’esemplare degno di esposizione in musei.
L’importanza delle inclusioni sotto l’aspetto scientifico è stato evidenziato da una recente scoperta. Per la sua natura fisica, il diamante deve il suo nome al termine greco “adamantòs” (= l’indomabile), e la sua genesi in condizioni di elevatissimo calore e pressione, in questa gemma si verificano condizioni molto particolari, tali da poterne indagare all’interno per scoprire addirittura i mutamenti della composizione del mantello, in cui il diamante si forma a circa 200 km. di profondità.
Lo riferiscono i ricercatori del Carnegie Institution di Washington che con i colleghi dell’università sudafricana di Città del Capo hanno analizzato più di 4.000 reperti, e sono arrivati alla conclusione che la composizione chimica delle inclusioni del diamante è variata profondamente nel periodo tra 3,2 e 3 miliardi di anni fa. Il che fa supporre una diversa composizione del mantello.
La spiegazione più accreditata è quella che suppone uno scivolamento di una massa tettonica all’inizio dello scontro tra i continenti.
Ma la natura delle inclusioni può essere spettacolare anche sotto il solo aspetto estetico. Allo Smithsonian Museum di New York è stato esposto a lungo un diamante di notevoli dimensioni che presentava all’interno una cristallizzazione a forma di Pegaso, con le ali spiegate in volo.
Nella fotografia pubblicata qui sotto possiamo notare un’altra gemma imprigionata dentro ad un diamante.
Si tratta di un Corindone, ovvero di un rubino, che particolari e “dosate” condizioni di cristallizazione e di successiva “protezione” (come vedremo in seguito) hanno consentito di mantenere la propria natura e addirittura il colore, frutto della composizione chimica e di presenza a livello molecolare di spurie, pur essendo dentro ad un diamante.
Si accennava poc’anzi alle condizioni estreme di pressione e di calore che determinano la formazione del diamante, e proprio questi sono i motivi per cui in questa preziosa pietra non esistono inclusioni liquide o gassose. Si pensi solo che secondo le più recenti teorie, la nascita del diamante si avrebbe a circa 1.800°/2.000° in una pressione di circa 17.000 atmosfere (fonte V.M. Goldsmith).
Al contrario possiamo notare delle fratture interne, o anche fratture ricomposte e tendenti a risaldarsi, le quali creano effetti decorativi simili a “impronte digitali” o “ali di mosca”, frasi che ho volutamente virgolettato perché fanno parte del gergo tecnico dei Gemmologi.
Di altra natura sono invece i cosiddetti “carboni”, ovvero quelle inclusioni nere che se non hanno una forma particolarmente suggestiva oppure una ragione scientifica da approfondire, il che accade nel 999 per mille dei casi, sono estremamente penalizzanti per il valore economico della gemma.
I “carboni” sono quasi sempre costituiti da altri cristalli o addirittura da minerali che hanno resistito per caso al tremendo processo di genesi, e che restano lì a identificare in modo unico la gemma in cui sono inclusi.
Dato che i diamanti vengono portati in superficie attraverso i camini vulcanici c’è da chiedersi come fanno le inclusioni (ad esempio quelle metalliche) a resistere alle elevatissime temperature della lava. Ebbene occorre sapere che i diamanti arrivano intatti perché a loro volta inclusi o protetti termicamente dai cristalli di kimberlite, materiale che rappresenta il primo indizio di un giacimento.
L’argomento è ricchissimo e non può essere esaurito in un solo articolo, ma penso che il materiale fin qui esposto possa far “vedere” sotto un’altra ottica le inclusioni del diamante.